CRONACA
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CRONACA
Armati di pistola, tentano di rapinare un’attività commerciale: due minorenni arrestati dalla Polizia a Gela
CRONACA
Ragusa, false residenze per i permessi di soggiorno ai migranti: sei ordinanze, indagati anche due operatori comunali
Utilizzavano 13 abitazioni di Ragusa per il tempo necessario per permettere a migranti, prevalentemente tunisini, in cambio di “corpose somme di denaro”, di ottenere, tramite la complicità di due operatori comunali, la residenza anagrafica, indispensabile per la presentazione di istanze di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno o anche per il ricongiungimento familiare.
E’ la tecnica utilizzata da sei persone, raggiunte da un provvedimento cautelare emesso dal gip su richiesta della locale procura, su indagini della Polizia, che ipotizza il reato di favoreggiamento dell’ingresso e della permanenza sul territorio nazionale di extracomunitari.
Tre indagati, compresa una donna, sono stati sottoposti agli arresti domiciliari; un’altra donna all’obbligo di dimora nel Comune di Ragusa; per due operatori comunali è scattata la sospensione dell’esercizio di un pubblico ufficio o servizio. Quest’ultimi due, secondo l’accusa, “a fronte della corresponsione di denaro omettevano di eseguire la verifica, limitandosi a dei controlli blandi e superficiali comunicando successivamente all’ufficio anagrafe il superamento dell’accertamento, in virtù del quale veniva successivamente concessa la residenza anagrafica nel Comune di Ragusa”. Due degli destinatari della misura cautelare gestivano un centro di assistenza per stranieri a Ragusa.
Secondo la Procura “uno degli arrestati avrebbe svolto un ruolo centrale: teneva i contatti stretti con i due operatori comunali e accompagnava e indirizzava gli stranieri nelle abitazioni, a loro ignote, nelle quali avevano richiesto di fissare la residenza e di farli trattenere per il tempo strettamente necessario al controllo dell’operatore”.
L’inchiesta si basa su indagini della Squadra Mobile della Questura di Ragusa.
CRONACA
Peculato e corruzione al Policlinico di Messina: 9 misure cautelari, tra gli indagati anche l’assessore regionale Volo
Nell’ambito di un’inchiesta della procura di Messina sul centro clinico privato Nemo Sud e sul Policlinico i carabinieri oggi hanno notificato misure cautelari a nove indagati con l’ipotesi di reato di peculato e corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio.
Le misure cautelari personali sono interdittive che impongono, nei confronti di quattro indagati, il divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione ed esercitare impresa in ambito sanitario.
Con la misura reale è stato disposto, nei confronti dei nove indagati, ciascuno pro quota, il sequestro preventivo di denaro, beni mobili e immobili, per l’importo complessivo di 11 milioni di euro, pari ai fondi pubblici distratti.
L’indagine venne avviata, nel 2019, dai carabinieri del nucleo investigativo, dopo la denuncia di un medico, all’epoca in servizio nell’azienda universitaria Policlinico di Messina, che aveva segnalato svariate irregolarità nella gestione del centro clinico privato “NeMo Sud”, costituito nel 2O12, per lo svolgimento di attività di riabilitazione neurologica nell’ospedale. Dopo le indagini con intercettazioni l’inchiesta si è arricchita della testimonianza di un dirigente del Policlinico Universitario, che ha parlato delle convenzioni stipulate tra l’ente pubblico e la fondazione privata costitutiva del centro clinico. A partire dal 2012 e sino al giugno 2021 (anno di chiusura del centro clinico) – dice la procura di Messina – attraverso la stipula di convenzioni, sempre più vantaggiose per la clinica, si è consentito ad una clinica privata di operare in un ospedale pubblico, con costi a carico dell’Erario, in assenza dell’autorizzazione e dell’accreditamento della Regione Siciliana. È emerso altresì che i dirigenti dell’epoca del Policlinico avrebbero esternalizzato. arbitrariamente, in favore del centro privato, le prestazioni di neuro-riabilitazione, stornando il rimborso delle spese da parte del Servizio Sanitario Regionale”. Gli indagati – sostengono gli inquirenti – con tali condotte, avrebbero, quindi, distratto fondi pubblici, destinando al centro clinico “NeMO Sud” somme di denaro appartenenti alla struttura pubblica. Peraltro, è emerso che il centro clinico privato ha qualificato le prestazioni erogate con un codice, che prevedeva un rimborso, da parte della Regione Sicilia e ciò nonostante che la medesima Regione non avesse programmato quel tipo di prestazioni da parte del Policlinico universitario. “Nel corso dell’indagine – spiega la Procura – sono emerse anche le condotte (qualificate, allo stato, come corruttive) contestate ad un medico del Policlinico, il quale, preposto al controllo e alla verifica delle attività sanitarie dl “NeMo Sud”, avrebbe, dapprima, sostenuto la sua costituzione, e poi, avrebbe permesso l’arbitraria erogazione delle prestazioni di neuroriabilitazione, da parte del centro clinico, ricevendo, in cambio l’incarico di direttore clinico del centro privato; nonché l’assunzione di alcuni familiari all’interno della struttura, con contratti di diritto privato, in assenza di concorso pubblico e solo sulla base del gradimento dei responsabili della NeMo Sud”.
Nell’inchiesta a sono indagati, a vario titolo per peculato e corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, Alberto Fontana, 52 anni, ex presidente della fondazione Aurora onlus (che gestiva il centro clinico Nemo Sud a Messina), Giuseppe Laganga Senzio, 47 anni, ex direttore amministrativo del Policlinico messinese, Mario Giovanni Melazzini, 65 anni, anche lui ex presidente della fondazione Aurora onlus, Giuseppe Pecoraro, 75 anni, commissario straordinario del Policlinico, Paolina Reitano, 64 anni, ex direttrice sanitaria del Policlinico, Marco Restuccia, 60 anni, direttore generale del Policlinico, Giuseppe Vita, 72 anni, medico dirigente dell’unità operativa di Neurologia del Policlinico, l’attuale assessore regionale alla Sanità Giovanna Volo, 68 anni, ex direttore sanitario dell’ospedale universitario, Michele Vullo, 68 anni, ex direttore amministrativo del Policlinico. Giuseppe Vita, Mario Giovanni Melazzini, Alberto Fontana, Giuseppe Laganga Senzio hanno la misura cautelare del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare impresa in ambito sanitario. Per tutti e nove gli indagati ciascuno pro quota, è stato disposto il sequestro preventivo di denaro, beni mobili e immobili, per l’importo complessivo di 11 milioni di euro, pari ai fondi pubblici distratti. L’ordinanza delle misure cautelari è stata firmata dal gip Claudia Misale.
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