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CRONACA

Operazione “Athena”: eseguite 17 misure cautelari nelle province di Catania, Siracusa e Teramo

Su delega di questa Procura Distrettuale della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma presenti nella Regione siciliana (Compagnia di Intervento Operativo del XII Reggimento “Sicilia”, Squadrone Eliportato “Cacciatori Sicilia”, nonché i Nuclei Elicotteri e Cinofili), hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali, emessa dal Gip del Tribunale di Catania, nei confronti di 17 soggetti, ritenuti gravemente indiziati – a vario titolo, allo stato degli atti e in relazione ad una fase processuale che non consente l’intervento delle difese – dei delitti di associazione mafiosa nonché altri delitti, tutti aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa o dal metodo mafioso, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti con l’aggravante del metodo mafioso e corruzione.

Dei 17 soggetti, 15 sono stati sottoposti alla custodia cautelare in carcere, 1 agli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico, 1 al divieto temporaneo – per la durata di un anno – di esercitare la professione di avvocato, limitatamente all’esercizio delle funzioni di delegato alle vendite ai sensi dell’art. 591 c.p.c..    

L’inchiesta ha consentito di accertare, sul territorio di Paternò, l’operatività del gruppo “Morabito-Rapisarda”, riconducibile al clan catanese “Laudani” intesi “Mussi ‘i ficurinia”, individuandone gli elementi di vertice, e i suoi rapporti con il clan storicamente contrapposto degli “Assinnata”, articolazione territoriale della famiglia di cosa nostra catanese “Santapaola-Ercolano”.

La complessa attività d’indagine, coordinata da questa Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dai militari del N.O.R. – Sezione Operativa della Compagnia di Paternò in un arco temporale dal dicembre 2019 al luglio 2022, ha preso il via dalla denuncia di un imprenditore locale che, nel corso di una procedura di vendita senza incanto di un immobile all’asta, veniva bloccato da alcuni soggetti intranei al clan “Morabito-Rapisarda” che lo minacciavano per farlo ritirare dalla gara.

Le successive indagini consentivano, in particolar modo, di evidenziare proprio gli interessi dell’organizzazione mafiosa nel controllo sistematico e capillare dell’aggiudicazione delle aste giudiziarie di immobili siti nelle province di Catania, prevalentemente nel territorio paternese e, in un’occasione, nella provincia di Siracusa. Il modus operandi degli appartenenti all’organizzazione mafiosa sarebbe consistito nella turbativa del regolare svolgimento delle procedure di vendita immobiliare al fine di favorire determinati acquirenti che, dietro pagamento di un ricompensa per l’attività illecita, si rivolgevano al clan al fine acquistare o rientrare in possesso del bene per conto dei debitori esecutati precedenti proprietari. Il versamento della somma di denaro a titolo di compenso a favore del clan, che agiva mediante condotte che sostanzialmente determinavano l’allontanamento, anche con modalità violente e intimidatorie, degli offerenti o degli eventuali interessati (“lo stiamo ricomprando noi”), in modo da garantire al “cliente” l’aggiudicazione dell’immobile.

In tale ambito, il sodalizio criminale poteva contare sull’esistenza di rapporti di conoscenza con alcuni delegati alla vendita e,  infatti,  in un caso è stato ritenuto sussistente il supporto di un avvocato siracusano – nei cui confronti è stata emessa la misura cautelare personale del divieto di esercizio delle funzioni di delegato alle vendite – nel corso di una procedura esecutiva in quanto, dietro la promessa di un compenso in denaro, si sarebbe prestato a favorire l’aggiudicazione dell’immobile all’asta in favore del figlio del soggetto che si era rivolto all’associazione mafiosa.

Il giro di affari, che coinvolgeva anche altre tipologie di operazioni immobiliari, avrebbe garantito consistenti guadagni, con compensi commisurati al valore del bene sul mercato immobiliare, che, di frequente, sarebbero stati condivisi, a riscontro dell’esistenza di un patto di “coabitazione”, con il clan “Assinata”, articolazione territoriale della famiglia di cosa nostra catanese “Santapaola-Ercolano”.

I rapporti tra i due clan, peraltro in ordine ad affari di interesse comune, sarebbero stati  agevolati da due delle persone indagate  nei confronti delle quali il GIP ha accolto la richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere in relazione al delitto di concorso esterno in associazione mafiosa. Uno dei due, ex assessore del Comune di Paternò e imprenditore nel settore agrumicolo, oltre ad avere stabili rapporti di affari con esponenti apicali del clan mafioso, avrebbe messo a disposizione dell’associazione il proprio bagaglio di conoscenze e le proprie entrature nella politica locale; l’altro indagato, a sua volta imprenditore agricolo, tra l’altro avrebbe messo a disposizione il magazzino di cui è titolare per consentire incontri tra i rappresentanti delle due diverse famiglie mafiose paternesi.

Il sodalizio criminale “Morabito-Rapisarda” sarebbe anche dedito al traffico di sostanze stupefacenti, soprattutto marijuana, con una struttura ben organizzata e delineata nella ripartizione dei singoli ruoli. Il clan aveva un’articolata rete di rapporti criminali sul territorio catanese che gli garantiva dei canali di approvvigionamento dello stupefacente, proveniente da consorterie operanti in Catania e in Adrano. Il gruppo, inoltre, poteva disporre di basi logistiche per la custodia e per il confezionamento dello stupefacente, nonché di un immobile sito nel centro cittadino di Paternò dove veniva dato appuntamento agli acquirenti. Anche il settore degli stupefacenti, utilizzato come fonte di “entrate” per la “cassa comune”, era gestito con l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso. Al vertice del gruppo vi sarebbe stato proprio uno degli esponenti del clan “Morabito-Rapisarda” .

Nel corso delle investigazioni, a riscontro di quanto emergeva dalle intercettazioni,  sono stati sequestrati complessivamente circa 71 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina, e arrestate 8 persone in flagranza di reato.

CRONACA

Catania, ruba un paio di occhiali prima di prendere l’aereo: passeggero individuato e denunciato dalla Polizia

Ha fatto un giro tra le attività commerciali dell’area partenze dell’aeroporto di Catania in modo da ingannare l’attesa prima di imbarcarsi su un volo che l’avrebbe riportato a casa, a Bari.

L’uomo, un barese di 48 anni, si è soffermato su un espositore all’interno di un negozio di occhiali, dove la sua attenzione è stata catturata da un paio di occhiali di sole di un certo valore commerciale, riconducibili ad un noto modello.

Dopo averli provati, il 48enne non ha resistito alla tentazione di rubarli, nascondendoli nella sua borsa, per poi uscire dal negozio, confondendosi tra gli altri passeggeri, pensando di non essere stato visto da nessuno. In realtà, un commesso del negozio, mentre sistemava lo scaffale, si è accorto del furto e ha chiesto l’intervento degli agenti della Polizia di Frontiera.

Acquisita la denuncia, i poliziotti hanno avviato immediatamente le ricerche del ladro, mediante l’analisi delle immagini di videosorveglianza. Una volta individuato il sospettato, si sono messi sulle sue tracce, ricostruendo i suoi spostamenti nello scalo aeroportuale, riuscendo ad individuarlo in coda al gate.

Proprio qualche istante prima dell’imbarco, i poliziotti hanno raggiunto il 48enne che è stato bloccato e condotto negli uffici di Polizia dove è stato perquisito.

L’uomo è stato trovato in possesso degli occhiali di sole rubati, poco prima, nel negozio e, pertanto, è stato denunciato all’Autorità Giudiziaria, ferma restando la presunzione di innocenza dell’indagato valevole ora e fino a condanna definitiva.

Gli occhiali sono stati restituiti al gestore dell’attività commerciale che ha ringraziato gli agenti della Polizia di Frontiera per l’intervento efficace ed immediato.

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CRONACA

Siracusa, controlli a Ortigia: sanzionati 3 locali per carenze igienico sanitarie, strutturali e non solo

L’estate è entrata nel vivo e le sere dei fine settimana fanno registrare il pienone di presenze di turisti italiani e stranieri nei luoghi “cult” della movida siracusana.

Come preannunciato, con ordinanza del Questore di Siracusa, sono stati pianificati mirati servizi interforze per assicurare a tutti una sicura e serena fruizione dei luoghi deputati al divertimento e all’aggregazione giovanile.

Ieri sera, agenti della Polizia di Stato, militari dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e personale dell’Asp di Siracusa hanno effettuato un discreto ma capillare servizio di prevenzione e sicurezza in Ortigia e, precisamente, nei pressi della Marina.

Sono stati controllati i locali che insistono nella zona e sono state elevate tre sanzioni ad altrettanti esercizi commerciali per carenze igienico sanitarie, strutturali e relative alla sicurezza alimentare. Sono state accertate, anche, delle irregolarità fiscali.

Nel complesso, sono stati identificati 91 persone e controllati 27 veicoli autorizzati a transitare nella ZTL di Ortigia senza rilevare infrazioni.

La presenza delle forze di polizia, anche se discreta, è stata visibile ed ha contribuito ad innalzare il livello della sicurezza percepita tra gli avventori dei locali.

Non si sono registrati episodi in grado di creare turbative e fino a notte inoltrata la serata si è svolta serenamente e in sicurezza.

Il Questore Roberto Pellicone: “Questa estate sarà caratterizzata da mirati e costanti servizi di controllo del territorio in particolare nei luoghi della cosiddetta movida siracusana e nei centri della provincia a vocazione turistica. L’obiettivo è quello di innalzare il livello della sicurezza e di consentire agli avventori dei locali di godere in serenità le serate estive all’insegna del divertimento ed a garanzia, anche, degli imprenditori del settore che offrono i servizi di intrattenimento.

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CRONACA

Lavoratori in nero e blatte nel magazzino degli alimenti: chiuso un ristorante di Aci Trezza

Operazione di controllo della task force coordinata dalla Polizia di Stato in due ristoranti della borgata di Aci Trezza.

L’intervento si inserisce nell’ambito delle costanti attività disposte dal Questore di Catania per verificare le condizioni di igiene e sicurezza nei locali dediti alla preparazione e alla vendita di alimenti, la regolarità delle posizioni dei lavoratori e la genuinità dei prodotti, a garanzia della legalità e a salvaguardia della salute dei consumatori.

A coordinare i controlli sono stati i poliziotti della squadra volanti dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, coadiuvati dagli agenti della Divisione Anticrimine della Questura, che hanno fornito un’efficace cornice di sicurezza durante lo svolgimento degli accertamenti specifici eseguiti dal Nucleo Operativo Regionale Agroalimentare Sicilia del Corpo Forestale della Regione Siciliana, dai medici e dai tecnici del Dipartimento di prevenzione – Servizio Igiene pubblica e Spresal e del Dipartimento di prevenzione veterinaria – Servizio di Sanità pubblica Veterinaria dell’Asp di Catania, dal personale dell’Ispettorato territoriale del Lavoro, unitamente agli agenti del settore “Annona” della Polizia Locale di Aci Castello.

L’attività sinergica dei vari enti ha permesso di far emergere casi di lavoro nero e di riscontrare pessime condizioni igienico-sanitarie in un ristorante, nonché di rilevare situazioni di criticità strutturali e prodotti alimentari non tracciati anche in un altro ristorante.

Per queste ragioni, sono state elevate sanzioni amministrative per un importo complessivo di circa 15.500 euro e sono stati sequestrati e distrutti 130 chili di alimenti, tra pesce e carne, peraltro ritenuti non idonei al consumo. I poliziotti della squadra volanti hanno identificato, complessivamente, tra dipendenti e titolari, 15 persone, alcune già note alle forze di polizia per precedenti penali.

Nel primo ristorante sono emerse, sin da subito, gravi carenze igienico-sanitarie al punto tale che è stata disposta l’immediata sospensione dell’attività.

La chiusura del locale si è resa necessaria a seguito delle valutazioni del personale del servizio “Igiene” dell’Asp che, tra le altre cose, ha riscontrato la presenza di blatte nel locale magazzino, deputato alla conservazione degli alimenti. Sono state anche date alcune prescrizioni per inconvenienti igienico-sanitari.

In cucina, i medici veterinari e gli operatori del Corpo Forestale hanno trovato 90 chili di pesce, tra surgelati e preparati, e 10 chili di carne, del tutto privi del necessario requisito della tracciabilità che consente di individuare l’esatta provenienza dei prodotti, a tutela della sicurezza alimentare. In questo caso, è stata comminata al titolare una sanzione di 1500 euro.

Un’altra grave irregolarità è stata riscontrata dal personale dell’Ispettorato territoriale del Lavoro che ha constatato la presenza di 2 lavoratori in nero, in quanto mai assunti. Pertanto, sono state contestate sanzioni per 6.500 euro. Inoltre, le verifiche del Servizio di Prevenzione per la Sicurezza sui Luoghi di Lavoro hanno consentito di appurare la presenza di umidità negli spazi destinatati ai dipendenti, nonché l’inidoneità degli spogliatoi, aspetti che, come previsto dalla normativa, comportano l’applicazione di sanzioni per un importo totale di 3.800 euro.

Durante gli accertamenti, gli agenti della Polizia Locale hanno accertato il mancato pagamento della concessione del suolo pubblico, multando il titolare.

Nel secondo ristorante, i tecnici del servizio “Igiene” dell’Asp hanno rilevato alcune carenze di ordine e pulizia, con violazioni delle procedure HCCP che hanno determinato sanzioni per 2.000 euro. Anche in questo caso, i medici veterinari e il Corpo Forestale hanno trovato 30 chili di pesce e preparati alimentari surgelati non tracciati e non adatti al consumo, per cui, oltre al sequestro e alla distruzione dei prodotti, si è proceduto a sanzionare il titolare per 1.500 euro. Dal punto di vista della sicurezza e delle posizioni lavorative non sono state registrate anomalie, mentre la Polizia Locale ha rilevato il mancato pagamento per la concessione del suolo pubblico, multando il titolare.

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